Biografia

Era il 31 marzo dell’anno di nostra salute 1981, quando da Pasquale Scipioni e Tina Scarini, uscì dalle tenebre dell’inesistenza nel vecchio ospedale di Arezzo.
Ero grasso, di quei bambini con le dita tozze, il doppio mento e il pianto difficile. Trascorsi i primi anni dell’incoscienza a Pieve a Socana: un piccolo borgo con più ruderi che anime, ma che incoraggiò – con la sua splendida pieve romanica, le antiche vestigia etrusche e il prete appassionato d’arte – quelle che sarebbero state le mie future passioni. Feci la scuola elementare proprio lì, in un edificio oggi abbandonato e animato soltanto dai ricordi: ero un alunno promettente, ma dal carattere difficile e dal pugno facile.

Superai le elementari con il massimo dei voti e iniziai a frequentare le scuole medie a Rassina, continuando a coltivare le mie innate passioni da bambino rustico e montano: per i motori, gli animali e la solitudine. Scelsi di fare il Liceo Classico ad Arezzo, non come si potrebbe pensare, per una vaga inclinazione per le umane lettere, ma perché il Ginnasio rappresentava la corsia preferenziale per accedere all’Accademia aeronautica: la velocità superava ancora e di gran lunga quella particolare sensibilità “umana” che avrei sviluppato di lì a poco. Ma il Liceo, quei maledetti ateniesi e gli spartani con le spade affilate plasmarono anche quello che non voleva essere plasmato: mi appassionai di storia, di letteratura e di pensieri liberi.

Mi iscrissi a Lettere, Storia dell’Arte, scelsi con il cuore o forse solo con l’incoscienza di chi è consapevole che, male che vada, avrebbe potuto fare di tutto, anche tutt’altro, anche il pilota di moto. Furono anni di libertà: emotiva, fisica e intellettuale. Furono anni di grandi incontri umani, con Carlo del Bravo che mi insegnò a guardare sempre “oltre” e a scrutare “dentro” la pittura e se stessi, con Lorenzo Gnocchi che mi stimolò a preferire, scegliendo l’arte del Cinque e del Seicento, un percorso umanamente impervio e a volte, anzi spesso, poco appagante.
Mi laureai con una tesi dedicata al pittore fiorentino Cristofano Allori, nel cui volto che il pittore ritrasse decapitato e sanguinante nelle sembianze di Oloferne nella sua famosa Giuditta, mi sono sempre visto un po’ come ad uno specchio.

Nel cammino di tutti gli uomini capita, prima o poi, di trovarsi di fronte ad un bivio, un crocicchio che ti costringe, pensoso come un Ercole, a prendere delle decisioni che vorresti facessero altri. Scegliere è sempre stata per me una maledizione, ho sempre visto con diffidenza quei momenti in cui puoi cambiare tutta la tua esistenza.
Scelsi l’arte, di nuovo.
Fui ammesso alla Scuola di Specializzazione in Beni Culturali, sempre all’Università di Firenze. Fu un periodo di mostri interiori, grandi delusioni e di frequenti mal di testa, ma intesi che d’arte e di bellezza avrei potuto vivere, o almeno sopravvivere. Scrissi una tesi – che di lì a poco sarebbe diventata un libro monografico – dedicata a Sant’Eleuterio, una piccola pieve che si trova, come un gioiello, incastonata ai piedi del Pratomagno.

Oggi mi occupo di curare ed organizzare mostre, scrivere libri d’arte e di facezie, promuovere restauri, sono il direttore di una piccola casa editrice, di due piccole riviste d’arte e di una piccola collana.
Sto cercando di cambiare il piccolo mondo che mi circonda con le piccole risorse che mi sono state concesse.